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CIBO, RELAZIONI E RAPPRESENTAZIONE DI SE’

Mangiare è una delle basilari attività umane finalizzate alla sopravvivenza individuale e della specie.
Quello dell’alimentazione è un terreno nel quale troviamo strettamente correlati corpo e mente, individuo e società e, soprattutto, la rappresentazione delle relazioni sia con il Sé che con la famiglia e la società.
Partendo dai vissuti infantili in tema di nutrizione, è possibile ritrovare nella fase dell’allattamento quanto questa sia la principale forma di relazione nella quale il bambino sperimenta il legame affettivo con la madre, esperienza che avviene non solo attraverso il contatto fisico con lei, ma anche in base a come il cibo viene fornito, se con cura e dolcezza, oppure in maniera distaccata ed emotivamente poco coinvolgente. Mangiare, allora, può divenire contemporaneamente esperienza di tenerezza e
affetto, ma anche sinonimo di distanza o, addirittura, di distruzione e aggressività. Per comprendere ciò, basterebbe soffermarsi sulle azioni associate al mangiare, come mordere, triturare e distruggere, che divengono canali di manifestazione della rabbia.
Il cibo, inoltre, è da ritenersi come oggetto di mediazione nelle relazioni, poiché si condivide con gli altri, divenendo così anche luogo di incontro col sociale e di contatti interpersonali. In tale ottica, è possibile leggere dietro al rifiuto del cibo, sintomo comunemente riscontrato nei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, un modo indiretto di rifiutare l’altro.
E cosa succede in adolescenza rispetto ai cambiamenti alimentari?


Le modificazioni tipiche di questa fase del ciclo vitale investono la sfera psicofisiologica e sociale, oltre che quella alimentare. Tali importanti cambiamenti spingono l’adolescente nella direzione di provare nuove esigenze alimentari, necessarie alla soddisfazione di altrettanti nuovi bisogni, o segnalare specifiche problematiche. Ad esempio, le trasformazioni fisiologiche dell’adolescente, conducono alla necessità di soddisfare bisogni calorici maggiori, mentre in ambito più strettamente
psicologico, si fa strada il tentativo di allontanarsi da tutto ciò che riconduce indirettamente all’infanzia, rottura simbolicamente rappresentata dal rifiuto di quegli alimenti consumati in precedenza.
Inoltre, le modificazioni fisiche che l’adolescente vive, possono renderlo molto vulnerabile alle critiche degli altri sul proprio corpo, attivando una risposta di controllo sul suo aspetto, che può manifestarsi anche attraverso la scelta di rifiutare il cibo, fare diete o dedicarsi a drastiche restrizioni alimentari.

Ecco allora che il terreno della nutrizione e dell’alimentazione diventa quel banco di prova per la definizione di Sé, per ricercare l’autonomia e l’indipendenza dai mandati familiari, dalle regole di obbedienza ad essi e per sperimentare il controllo. Rifiutare un pasto a tavola con la propria famiglia segnala, spesso, l’intento di sfidare l’autorità genitoriale e quelle regole educative che passano attraverso il rispetto e l’obbedienza, nel tentativo di affermare così la propria identità.
Mangiare dunque rappresenta per l’adolescente un’esperienza centrale che segna il passaggio verso il processo di separazione/individuazione, tipico di questa fase di vita. Attraverso le scelte alimentari che fa, può tentare di ricercare la propria autonomia e imparare a ridefinire se stesso, a regolarsi nella relazione con i pari e a rivalutare la posizione che occupa all’interno della famiglia.

Dott.ssa Ilaria Corona, Psicologa e Psicoterapeuta

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